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Osservare per la prima volta: “Nella mia città” di Alessandro Carboni

In un pomeriggio di maggio il cortile scolastico della scuola primaria Manzolini si gremisce improvvisamente di un pubblico insolito: genitori, fratelli, sorelle e qualche osservatore incuriosito. L’atmosfera è allegra, i bambini giocano indisturbati nel giardino, non curanti degli adulti che si approssimano al cancello. Una voce invita il pubblico a fare ingresso nel cortile e i bambini si siedono gli uni di fianco agli altri, delineando lo spazio scenico in cui restituire il frutto del laboratorio “Nella mia città” svolto sotto la supervisione dell’artista e performer Alessandro Carboni con Formati Sensibili (Chiara Castaldini e Rita Favaretto) nell’ambito di BOD/Y-Z. Gli spettatori sono disorientati, non sanno bene dove o cosa guardare né come collocarsi: si affidano all’intuito, all’atmosfera di festa e seguono con lo sguardo i propri figli. 

“Osserva e cattura”, queste le prime indicazioni delle artiste che danno inizio alla dimostrazione degli esercizi messi in pratica durante il laboratorio. Attraverso queste semplici direttive si stimolano i bambini all’osservazione attiva dell’ambiente, nel tentativo di catturare i dettagli da conservare per una successiva mappatura della città. Gli esercizi effettuati dai bambini derivano da una precedente teorizzazione di Alessandro Carboni che ha portato all’elaborazione degli EM toolkids. “Ripeti”, e vediamo nello spazio degli oggetti lasciati in maniera casuale, ogni bambino si avvicina all’oggetto eletto per riprodurne la fisionomia attraverso le posture del proprio corpo. “Componi”; gli oggetti vengono portarti via e, gradualmente, i bambini rientrano nello spazio scenico. Tenendosi per mano ricostruiscono con i propri corpi l’architettura dei porticati bolognesi. Infine, “Incontriamoci in questa nuova città”: chiude la performance l’invito rivolto al pubblico a prendere parte ai giochi risolcando insieme lo spazio, nel tentativo ambizioso di concedere una nuova significazione all’esperienza di “città”.

Premesse fondamentali della restituzione di Carboni sono i laboratori svolti in piazza San Francesco, in cui i bambini hanno potuto mettere in pratica quei medesimi strumenti di osservazione riproducendoli in uno spazio propriamente urbano. Lì hanno avuto modo di perlustrare la città ricevendo degli input di sguardo, una libertà di movimento e presa di iniziativa di cui di solito sono privi. Resta da chiedersi quanto le restituzioni, nate tra le pareti degli ambienti scolastici e svoltasi all’interno i bordi definiti di un cortile fin troppo familiare, possa costituire un gesto espressivo di riappropriazione dello spazio pubblico. Ciononostante, la scelta di Carboni rimane audace e insieme pregna di responsabilità: fare ingresso nel delicato ambiente scolastico, sfiorare delle identità in crescita che si prestano ad una profonda plasmabilità, farle dialogare con modalità innovative di fare didattica, quanto e in che modo questi elementi influiranno sul modo di stare al mondo e di relazionarsi con l’ambiente?

Sarebbe del resto interessante avere un feedback dall’interno, da parte dei bambini e delle bambine, protagonisti indiscussi di questa esperienza formativa che ha saputo unire il gioco alla  didattica in maniera divertente, capendo cosa rimane loro addosso e osservando come le tracce rimaste sui loro corpi possano arricchire la modalità di attraversare la città insieme.

Francesca Papi, Giada Quaranta
Questa recensione è frutto del laboratorio di educazione allo sguardo applicato alla danza, a cura di Altre Velocità

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Autore: Altre Velocità