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Quel respiro condiviso per farsi foresta. Diario sul laboratorio “Un altro genere di forza”.

Nella mia vita, ho trovato la forza per riappropriarmi del mio corpo e dei miei desideri nella sorellanza femminista, tramite l’autocoscienza e il mutuo aiuto. Da qualche anno ho cercato di dare fiducia anche alla danza come pratica di ascolto, espressione e liberazione del corpo. Per queste ragioni avevo grande interesse e molte aspettative riguardo al laboratorio proposto da Francesca Penzo per BOD/Y-Z. Allo stesso tempo, però, la consapevolezza di introdurmi in un ambiente così delicato, nato per offrire a un gruppo di donne tra loro sconosciute, con età o background probabilmente molto diversi, la possibilità di affrontare a partire dal corpo questioni per me molto intime e importanti (come la violenza di genere e la riappropriazione del concetto di forza), mi spaventava. Nonostante la paura di non sentirmi a mio agio in un contesto nuovo e particolare per me, ho deciso di buttarmi e partecipare.

20/5/2023, Centro interculturale Zonarelli

La pioggia che sembrava incessante si è calmata un po’ questa mattina. Metto l’impermeabile e prendo l’autobus per arrivare al Centro Zonarelli. Sono emozionata, curiosa, ma anche un po’ giù di corda: c’è tanta preoccupazione e tristezza nell’aria. Il gruppo è molto vario, ci sono tante energie diverse, ma tutte condividiamo il peso dell’alluvione dei giorni passati.
Oggi il laboratorio sarà condotto solo da Francesca Penzo. Le altre coreografe e performer che lavoreranno insieme a Francesca alla creazione dell’esito performativo del 15 e 16 giugno (Luwam Aldrovandi Aweke, Ofelia Omoyele Balogun, Beatrice Guastalla e Ambrita Sunshine) arriveranno tra qualche giorno. Dopo un cerchio iniziale, le indicazioni di Francesca danno il via all’esplorazione dello spazio; partiamo da una semplice camminata e cerchiamo di trasformarla: iniziamo a muoverci occupando più spazio possibile, attivando una maggiore consapevolezza di ciò che ci circonda (abbastanza da riuscire a camminare anche all’indietro, senza guardare), cercando di attivare una maggiore connessione con la terra. Da questa attivazione del corpo nasce poi la possibilità di danzare liberamente. A questo punto, Francesca ci invita a creare un cerchio in cui seguire i gesti e i passi da lei proposti con il corpo e con la voce. La musica mi dà una grande carica, così come le proposte di movimento: inizio a sudare, a stancarmi, ma anche a sentire che qualcosa si scioglie dentro di me. Non vorrei smettere di muovermi, vorrei seguire il flusso di questa energia che si è magicamente risvegliata. Il gruppo è molto stanco, si decide verso la fine del laboratorio di dedicarsi a una pratica di ascolto e rilassamento attraverso il contatto. Sono tornata a casa un po’ più leggera.

27/5/2023, Art Factory International

Nuovo posto e nuova aria: sono felice di essere in Corticella, i laghetti e la tranquillità della periferia mi rendono allegra. Il gruppo è diventato più numeroso e vedere dei visi ormai conosciuti mi fa sentire un po’ più a casa.
Oggi il laboratorio sarà tenuto da Ambrita e Ofelia. Ofelia è una coreografa italo-nigeriana laureata alla prima università europea di Danze africane e della Diaspora dei Caraibi a Londra; Ambrita è un’artista e terapeuta italo-ivoriana che lavora molto sul tema del femminile e della queerness.
Iniziamo il laboratorio con Ofelia che ci trasmette energie per me molto nuove. Anche oggi partiamo dal cerchio e ci concentriamo sul radicamento alla terra. Le proposte di movimento, però, sono diverse rispetto allo scorso incontro: il legame con le danze africane, nella postura del corpo proposta, è evidente. Inoltre, anche il repertorio immaginifico di riferimento è diverso: con le proposte di Francesca immaginavo di muovermi in uno spazio urbano, i movimenti proposti da Ofelia mi invitano a pensare alla natura e alla mia interiorità.
Il lavoro proposto da Ambrita è molto più improntato al piano terapeutico: andiamo a terra, ci concentriamo su di noi, chiudiamo i nostri occhi e seguiamo delle immagini. Con questa pratica mi ristoro, arrivo alla fine di questo momento felice e grata. Il cerchio finale è potente, è animato da tante emozioni diverse e da una forza condivisa.

3/6/2023, Art Factory International

È un giorno stancante, sono di corsa, qualcuna di noi è assente. Oggi conducono Luwam e, per la seconda volta, Francesca.
Luwam è una danzatrice, performer e studiosa in Scienze dell’Educazione che fa parte del progetto Fattoria Indaco, una compagnia semi-professionalizzante formata da giovani under35. Luwam con le sue indicazioni ci ispira a costruire delle storie con il corpo, a sentire le energie della terra così come della nostra fantasia. I movimenti da lei proposti hanno un legame con il suo studio delle danze tradizionali del West Africa, ma l’intento è quello di attualizzare alcune suggestioni offerte da tali danze per renderle nostre, farle danzare seguendo il nostro sentire.
Con Francesca ripetiamo alcuni movimenti esplorati già nel primo incontro: il contrasto è potentissimo, rispetto a due settimane fa la nostra energia è cambiata.

Alla fine del laboratorio parlo con Luwam della mia idea forza; a partire da queste riflessioni si costruirà la base sonora della performance. Mi concentro, cerco di scavare nel mio sentire. Esco con un brividino, sono felice di aver condiviso la mia forza e curiosa di sapere cosa nascerà.

10/6/2023, Art Factory International

È l’ultimo incontro, conosciamo Beatrice e abbiamo nella borsa il cibo per un pic nic insieme. Beatrice è una danzatrice contemporanea, anche lei, come Luwam, fa parte della compagnia Fattoria Indaco. Con lei ci connettiamo al nostro corpo partendo da terra, esplorando con curiosità i livelli dello spazio e le diverse qualità di movimento possibili: in particolare, ci concentriamo prima sul percepire il nostro corpo attraverso la pelle, poi concentrandoci sui muscoli e infine sulle ossa. Durante questa esplorazione mi sento libera, a mio agio, lascio fluire il mio desiderio di danzare.
Alla fine dell’incontro Beatrice e Ofelia ci propongono una danza, la coreografia del grande albero, e ci fanno una proposta: perché non salire anche noi sul palco con questa danza? Diciamo subito di sì, sarà strano ed emozionante, vogliamo restituire questa esperienza con i nostri corpi, oltre che con le nostre voci.

15/6/2023, Portico dei Servi

Arrivo con una calma strana dentro di me: sono emozionata, curiosa, stanca. Cerco di rilassarmi, di mettere da parte il giudizio. Abbiamo un camerino divertentissimo: alcune stanze dell’Accademia filarmonica. Mangiamo biscottini e scherziamo aspettando che il sole tramonti e che il palco non sia più rovente. Arriva il grande momento, siamo tutte molto emozionate. Lo spettacolo inizia, noi laboratorianti osserviamo: le danze e le musiche mi commuovono. Saliamo sul palco e sentiamo tutta l’energia del gruppo. Gli sguardi sono intensi, siamo in un cerchio magico. I gesti sono più grandi, più forti, più vivi che mai: la danza è come un grande respiro in cui ci muoviamo insieme.
Scendiamo dal palco, camminiamo verso i portici; la performance finisce e ci ritroviamo, un po’ più presenti e un po’ più leggere.

Credo che Bologna mi abbia offerto tantissime opportunità di conoscere e formarmi, tra cui anche l’esperienza di questo laboratorio e del festival. Questa città, però, mi ha spesso fatta sentire piccola, insignificante, di passaggio. Basta uscire dalla bolla di via Zamboni e dei collettivi per non essere più al sicuro, per sentirmi inadatta. Con il tempo mi sono sentita buttata fuori da questo piccolo mondo e ho iniziato a odiare il privilegio grazie al quale esiste.

Partecipare a un laboratorio gratuito, in cui poter conoscere nuove pratiche con artiste talentuose senza dover essere una professionista, è stata per me un’esperienza preziosa.
Sicuramente il mio desiderio di ripensare la forza in senso non patriarcale non si è esaurito nel contesto di questo laboratorio, così come le possibilità di esplorazione di questo tema attraverso il corpo. Quello che mi rimane è il desiderio che occasioni come questa si moltiplichino e che il dialogo con le realtà e le pratiche femministe non smetta di rafforzarsi. Il cambiamento, così come il senso di comunità, ha bisogno di cura, tempo, nutrimento per germogliare e svilupparsi: vedo questa esperienza come un piccolo seme che cerca un ambiente fertile, ricettivo e davvero incluso, per dare vita un giorno a una foresta.

Giada Quaranta
Questo articolo è frutto del laboratorio di educazione allo sguardo applicato alla danza, a cura di Altre Velocità

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Autore: Altre Velocità